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IL MIO PROGETTO PER IL FUTURO, SENZA PAURA

Giulia Elisa Massetti, vincitrice della Borsa di Studio LIFC dedicata a Luigi Maiuri grazie alla quale frequenterà un Master della LUISS Guido Carli di Roma, si racconta tra l’impegno quotidiano contro la fibrosi cistica e sogni di vita da realizzare

 

Raccontaci un po’ chi è Giulia
Inizio allora dai miei genitori, a cui devo tanto, soprattutto il fatto di avermi sempre fatto vivere la malattia con naturalezza e mai come limite o come qualcosa da nascondere o di cui aver paura. Credo che quello che siamo dipenda molto da cosa i genitori trasmettono quando si è ancora così plasmabili. Se per esempio mi avessero fatto capire che avevano il terrore di perdermi, che soffrivano nel vedermi stare male, che non c’erano cure, che già dopo una settimana di vita sono stata tre mesi in rianimazione e ogni ora superata era una vittoria e che tutto questo era solo l’inizio di una vita, forse breve, in salita, sicuramente non sarei la Giulia che sono ora.

 

Quindi non ti sei lasciata condizionare dal tuo stato di salute…
Non mi sono mai fatta frenare dalla malattia, in nulla. Ci ho sempre convissuto vedendola come un gioco di aria fino a quando ho potuto godere dell’ingenuità della fanciullezza. La fisioterapia erano le ore in cui giocavo a fare volare in aria, con pep mask o flutter, fazzolettini di carta che sembravano farfalle, ore in cui mi raccontavano storie che ancora ricordo… poi sono diventati limiti da superare: la resistenza degli attrezzi da fisioterapia, la capacità respiratoria, il FV1 e così via.

 

E poi crescendo qualcosa è cambiato?
I primi due anni del liceo sono stati i più difficili. Chi ha la fibrosi cistica lo sa: manca sempre quell’aria che le persone cosiddette normali hanno. Si è sempre un pochino più stanchi e si affrontano momenti davvero complessi, soprattutto se si verifica una riacutizzazione di un’infezione respiratoria. Nonostante la malattia negli anni del liceo abbia provato a frenarmi con ricoveri che a livello sociale mi hanno creato problemi, sono andata avanti sempre con gli insegnamenti dei miei genitori e ho scelto di continuare gli studi a Roma. La libertà, la vita fuori, l’ambiente universitario e la grande città sono stati stimoli grandissimi per me. I miei mi hanno insegnato a non limitarmi, a non lasciarmi sfuggire le occasioni dalle dita perché apparentemente più debole, più stanca. Insomma non sono cresciuta di certo in una campana di vetro. E questo è stato tanto per me, di questo sarò loro sempre immensamente grata. Perché la consapevolezza è fondamentale, altrimenti sarebbe un uccidersi da soli, ma la paura o il sentirsi sempre i “più fragili” è ciò che davvero limita.

 

Come sei venuta a conoscenza di Lega Italiana Fibrosi Cistica e della borsa di studio? Cosa hai pensato quando hai scoperto questa occasione per i tuoi studi?
Sono socia LIFC Marche da quando ho 18 anni anche se sin da piccolina partecipavo alla raccolta fondi con i miei, quindi sono sempre stata molto attiva in tutte le operazioni targate LIFC, sia regionali che nazionali. Già lo scorso anno avevo provato a inviare la domanda, ma la borsa di studio è stata assegnata ad altri candidati. Quindi ci ho riprovato: come dicevo prima non mi tiro indietro e cerco di non farmi sfuggire nessuna occasione, per cui ho ricompilato i vari moduli, inviato la documentazione e ho incrociato le dita, sperando che anche i nuovi traguardi acquisiti in questo anno avrebbero magari dato qualche punteggio in più nell’assegnazione. Così è stato. Per me è un’immensa opportunità questa, di cui sono riconoscente alla LIFC e a tutta la commissione di valutazione. Credo sia un bellissimo progetto che magari suggerisce un input ai pazienti per mettersi ulteriormente in gioco in ambito universitario e poi professionale. È un modo costruttivo per far sì che, da una condizione complicata come può essere quella della malattia, ne venga anche qualcosa di buono, che ti invita a non fermarti, a non rassegnarti e a non aver paura di progettare il tuo futuro.

 

Cosa rappresenta per te questa Borsa di Studio e come pensi possa cambiare il tuo percorso professionale?
È un nuovo inizio: un riprendere la mia vita in mano con qualcosa di concreto su cui impegnarmi per trovare il mio posto nel mondo. Dopo un periodo molto buio a causa della scomparsa di mio padre in cui mi sono sentita profondamente arrabbiata, aggressiva e angosciata, senza più voglia di combattere per nulla, alcune cose si sono iniziate ad allineare. Ho iniziato pian pianino a rialzare il capo e mi sono accorta che le salite insormontabili che vedevo davanti erano così solo perché io non mi stavo più muovendo, non stavo più salendo e così facendo non ne sarei mai uscita. Così ho cominciato a riguardarmi intorno e ho scoperto il bando LIFC e altre opportunità che sono riuscita a cogliere e che hanno dato per ora ottimi frutti. Il Master che ho scelto è in una prestigiosa università che da sempre si contraddistingue per la sua importante attività di placement. Certo, è per pochi, non tutti riescono a permettersela e io di certo non avrei potuto guardare i suoi Master neanche con il binocolo in questo momento, se non grazie alla Borsa di Studio LIFC. Sicuramente dà qualche certezza in più e mi dà strumenti solidi con i quali continuare a progettare il mio futuro con delle carte che ora posso giocarmi meglio.

 

Cosa ti aspetti dal master che hai scelto di frequentare in Corporate Communication, Lobbying e Public Affairs?
Mi aspetto grandi cose anche se sono consapevole che, in fin dei conti e come quasi tutto nella vita, è nelle mie mani, quindi devo saper sfruttare al massimo questa immensa opportunità. Dal Master mi aspetto innanzi tutto di imparare molto e di avere strumenti con cui muovermi in quegli ambiti, di colmare eventuali lacune e di sapere dove cercare se mi sento disorientata in quel settore. Mi aspetto di avere opportunità lavorative senza dubbio e di confrontarmi con un nuovo metodo didattico basato molto anche su attività laboratoriali e progettuali, di team work, di stage. 

 

Quali sono i tuoi progetti, non solo quelli lavorativi, per il futuro?
Anzitutto la tournèe estiva per il debutto della nuova produzione della mia compagnia teatrale, Human Company. Finito il Master un’altra laurea o in giurisprudenza o in scienze politiche. Poi, ma questo è un progetto già in atto, alzare, o se questo è un’utopia, mantenere il FV1, continuare a fare molto sport per mantenermi al meglio il più possibile. Vorrei una vita lunga e intensa e non voglio perdermi nulla.

 

Lasciaci con un consiglio per chi, come te, ha dovuto lottare un po’ più degli altri per raggiungere certi obbiettivi
Venti anni fa era difficile immaginare progetti e parlare di futuro se si aveva a che fare con questa malattia. Non è facile, ma dobbiamo tenere duro, non possiamo lasciarci andare e dobbiamo provare a pensare che dobbiamo stare al meglio fino a quando non arriverà la cura. Io ho piena fiducia nella ricerca, sono sicura che arriveranno ad una soluzione e io e gli altri vogliamo esserci e vogliamo essere abbastanza in forma per beneficiarne. Ma non si può andare avanti di sole speranze, occorre l’azione e la collaborazione di tutti: pazienti, famiglie, soci, comunità scientifica, politica. Tutti. Il mio atteggiamento verso la malattia è cambiato radicalmente quando ho cominciato a parlarne apertamente, senza tabù, senza vergogna. Poi, non so se è un consiglio, ma  è un modo di vedere la vita che a me ha dato sempre tanta energia: se gli altri lo possono fare perché non posso arrivarci anche io? Questo implica tanta costanza e dedizione, fatica, ma ti spinge a non rassegnarti e a non dare mai nulla per perduto, anche quando può sembrare così. Non significa nascondere la testa sotto la sabbia, la fibrosi cistica c’è e ne siamo consapevoli. Qualche volta ci rallenterà un pochino, ma vorrà dire che poi recupereremo e che quando arriveremo all’obbiettivo sarà ancora più soddisfacente.