di Lega Italiana Fibrosi Cistica Emilia onlus

Incontro alla Vita

Grazie ad Incontro alla Vita, un progetto di Lega Italiana Fibrosi Cistica Emilia, le famiglie dei pazienti, costretti alla “migrazione sanitaria” per il trapianto bi-polmonare, riceveranno un sostegno concreto.

Negli ultimi 3 anni i pazienti con fibrosi cistica della sola provincia di Parma, sottoposti al trapianto bi-polmonare fuori regione sono stati 3 e sono stati trapiantati presso il Centro Nazionale Trapianti di Padova. Altri di Bologna, Reggio Emilia e Modena sono stati trapiantati a Roma e Milano. In tutti questi casi, il paziente è stato accompagnato dai genitori, anche in alternanza, per tutto il periodo di ricovero al Centro Trapianti.

La migrazione sanitaria comporta un impegno economico importante per tutte le famiglie coinvolte, già gravate da condizioni psicologiche pesantissime dovute al decorso della malattia e alle incertezze sulla sopravvivenza del figlio. Il progetto Incontro alla Vita sostiene concretamente le famiglie in questa fase delicatissima della vita, verificata l’assenza di supporto da parte delle Istituzioni Sanitarie locali e regionali.

Sostenere concretamente il progetto della LIFC Emilia vuol dire aiutare le famiglie a rimanere unite in un momento difficile come quello del trapianto di organi, attraverso due modalità:

  • una diaria prestabilita per il primo periodo di ricovero a partire dalla data di ingresso per l’intervento (durata standard: 30 giorni).
  • un sussidio ulteriore qualora le famiglie debbano affrontare un aggravio di spese nei casi in cui le complicanze post trapianto le costringano ad una permanenza superiore ai 30 giorni

“La costante vicinanza ai malati e alle loro famiglie e il rapporto di fiducia che si è creato nel tempo anche con l’equipe medica che li assiste, ci consente di conoscere le condizioni dei pazienti e di seguire passo passo tutte le fasi della malattia di ogni singolo – afferma Palmina Perri, Presidente LIFC Emilia -. Siamo in grado – prosegue – di sapere quando la malattia raggiunge la fase terminale e quando il trapianto d’organo rimane l’unica strada percorribile. In questo caso abbiamo constatato le difficoltà oggettive in cui venivano a trovarsi le famiglie e i pazienti costretti alla migrazione sanitaria che allo stesso tempo avevano la necessità di avere accanto la propria famiglia”.